martedì 21 dicembre 2010

Il potere


"Non voglio dire che ci sia una catena di ordini da Hillary Clinton fino a un giornalista che lavora al Guardian: le cose non funzionano così nel mondo reale. Ma il grande potere crea un ambiente nel quale gli individui percepiscono ciò che vuole il potere e se ne nutrono. Anche senza istruzioni dirette, ogni individuo percepisce in quale modo agire per massimizzare i suoi interessi. Ambizioni di carriera, fama, mantenere e creare alleanze, fare dei favori ad amici, parenti, o membri di uno stesso partito... Fare le cose per paura, senza che te le abbiano chieste... Tutte queste cose creano un ambiente"
Intervista a Julian Assange di Joseba Elola per "El Pais".


sabato 9 ottobre 2010

Il pozzo.

Sarah Scazzi, fonte: corriere.it


Il mio pensiero, il pensiero di ogni persona sensibile, non può che andare verso la piccola Sarah, verso Samuele, il piccolo Tommaso, il bimbo di Erba; resta fisso e sbigottito verso tutte le povere vittime della bestialità di alcuni.
Dopo che un'altra vigliaccheria è stata commessa a scapito di un angelo indifeso, cerchiamo di non provocarne altre; non alimentiamo l'opportunismo e il business di iene predatrici; diamo un insegnamento positivo ai nostri figli; ricordiamoci, che storicamente, l'odio alimenta sempre altre tragedie e disastri; non diamo al male la chance di poter dimostrare che, sopra tutti, vorrebbe vincere sempre lui.
Dobbiamo renderci conto che, benchè, in un primo momento, sembra essere giustificata l'idea di una ferocia anticostituzionale e anticristiana verso l'orco omocida, non è mai giustificato, nè tantomeno necessario, il ricorso all'odio o alla vendetta. Banalmente, la violenza e la malvagità non sono mai giustificabili, in quanto non possono essere, in alcun caso e in alcun tempo, necessarie o giuste. Chi vuole dimostrare, con logica o coscienza, l'esatto contrario, non fa altro che mettere altro fango in quel pozzo dove si è consumata una bestialità.
Alla giustizia lasciamo fare il suo corso, deploriamo altra violenza, evitiamo altre ignominie, ricordiamo con affetto i piccoli angioletti, per sempre. Cosi sia.

sabato 2 ottobre 2010

La solitudine

La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.
José Saramago

Fanno molto riflettere le parole di Saramago, stimolano all'analisi di quello che realmente voglia dire. La solitudine è qualcosa di difficile da spiegare, non può essere definita concettualmente e oggettivamente in modo assoluto, proprio perchè non è una situzione assoluta e stabile.
Essa è una condizione soggettiva, che viene percepita e interiorizzata, fatta proprio da coloro che, ad un certo putno del proprio agire, se ne rendono conto. Si tovrano in una piazza affollata ma sono soli, perchè non hanno un legame o non ricevono un legame da alcuno nella piazza. Perchè il legame, il contatto, non è qualcosa di fisico, è la sensazione che qualcosa o qualcuno ci ha notati, sta cercando di capire quelle parole assurde e incomprensibili (a volte pure a noi) che stiamo dicendo, che stiamo pensando. Sta cercando, con uno sforzo particolare, di comprendere, non solo udire o vedere.
Ecco, quando uno ha qualcuno o qualcosa, vicino o lontano geograficamente, che cerca di ascoltarti, non è solo, anche se, poi, non fa niente, anche se, noiosamente, non agisce, non interviene ulteriormente per capire, per aiutare, per cambiare, per curiosare.
La solitudine è la mancanza di link, è la sensazione che tutti hanno bisogno di te, ma nessuno, veramente, senza ombra di giudizio o di critica, ha mai cercato di essere in te.


giovedì 19 agosto 2010

Gli spaghetti e la felicità


Questo non è un periodo roseo, per voler usare un eufemismo. Tuttavia ci sono momenti nella giornata - ma sono solo attimi, beninteso - in cui capisci veramente cosa è la felicità.
Per esempio, quando insegni a tua figlia a mangiare gli spaghetti e noti che lei ci trova gusto, molto gusto. Mica le solite pappine che prepara la mamma.

mercoledì 18 agosto 2010

Pace e guerra.

fonte: http://www.flickr.com/photos/fra30/311901032/

Mi hanno molto colpito, oggi, le parole di un giornalista (che purtroppo non ricordo), riguardo la pace e la guerra. Mi viene da pensare come questa nostra società abbia sempre confuso l'eufemismo con l'ipocrisia, privilegiando quest'ultima come unico metodo per confondere o assopire le nostre coscienze.
Perchè, se da un lato parlare di "operatore ecologico" anzichè di spazzino o di "assistente" per indicare un subordinato aiutante di officina rientra nella casistica delle espressioni eufemistiche più conosciute ed evocano chiaramente e lucidamente i loro reali significati, dall'altro la stessa cosa non si può dire per altre locuzioni comuni, ideate e coltivate per nascondere il loro vero e macabro significato.
Facciamo un passo indietro, molti anni fa (e neanche tanti) si parlava spesso di guerra (come mezzo di offesa e/o difesa), si richiamava alle armi tanta gente, si costruivano navi e carri armati, si spendevano tanti soldi. Tutte queste parole evocavano tristi e dolorosi significati: vengono alla mente le scene strazianti di persone impaurite e indifese, di bambini che pativano la fame e il freddo, di mogli e madri private dei loro mariti e figli, di sangue, di feriti, di malattie, di povertà, di distruzione, di odio e disprezzo, di armi, di morti.
Oggi invece, in questo mondo moderno e migliore, ci sono leggi e organismi internazionali, c'è meno ignoranza e più conoscenza della storia, e gli stati e i popoli che una volta facevano sempre alla guerra hanno capito tante cose interessanti. Si, hanno capito che non ha senso farsi la guerra e preferiscono fare "le missioni di pace". Caspita.
Adesso si preparano e si armano eserciti di professionisti, si costruiscono caccia e missili, si investono ingenti capitali. Queste espressioni sembrano dei timidi eufemismi, ma se ci soffermiamo un poco capiamo subito dove sta l'inganno. Oggi come allora, ci sono persone impaurite e indifese, ci sono bambini affamati e mutilati, ci sono mogli e madri che piangono i loro figli e i loro mariti, c'è il sangue e i feriti, le malattie, la povertà, la discriminazione, l'odio e il razzismo, l'ideologia e il fondamentalismo, le armi e la tecnologia, i morti.
Oggi come allora, non ci sono nè vincitori e vinti, ci sono solo perdenti.

martedì 17 agosto 2010

Chi siamo


Cio' che siamo realmente lo sappiamo soltanto noi. Parte di cio' che siamo trapela dalle nostre conversazioni, dai nostri disegni, dalle nostre lettere e dal nostro comportamento con gli altri. I dettagli sul nostro passato, chi amiamo, cio' che ci piace, dove siamo stati e dove stiamo andando sono frammenti della nostra esistenza. Oggi piu' che mai questi dettagli si spostano sotto forma di bit su reti di computer. Lentamente, ma inesorabilmente, i particolari della nostra vita si ritrovano insieme nell'enorme magazzino di dati che si sta evolvendo sulla rete. Piu' questi dettagli contengono informazioni su di noi e piu' si uniscono a formare veri e propri simulacri di noi stessi (...)"


Tratto da Crittografia Invisibile ed Informazioni segrete di Peter Wayner, McGraw-Hill editore.

lunedì 16 agosto 2010

L'amore e il sesso


fonte http://www.flickr.com/photos/samiksha/377561098/

Mi interrogo in questi giorni sulla differenza tra fare l'amore e fare sesso. Tanti modi per esprimere un'azione che per molti si riconduce ad una semplice ricerca.
Io penso che fare l'amore significhi qualcosa di molto complesso, difficile da descrivere. Posso solamente dire che esso debba implicare una condivisione delle emozioni: non si chiede di ricevere piacere ma si cerca di darlo e riceverne partecipando con intimità; si cerca e si dà il piacere fatto anche di carezze, sguardi e baci non solo erotici, complicità. Esso costituisce una sorta di comunicazione di emozioni, di sentimenti, di piacere, di desiderio in forma non verbale.
Fare sesso invece è semplicemente la ricerca del proprio piacere e la persona che sta con te è soltanto il mezzo per avere questo piacere. E non si ha bisogno di intimità o compagnia, si può consumare ovunque, anche da soli, e, ricevuto quel piacere effimero, tutto finisce li, niente rimane alla memoria. Non si cercano le emozioni, nemmeno quel brivido caldo che ti accompagna alla fine, quell'appagamento dei sensi che non ti fa pensare ad altro, ma solo la sola stimolazione "meccanica"
Forse, in rapporti consolidati da molto tempo, alla fine si fa del sesso mentre l'amore è trasmesso nella semplice quotidianità di tutti i giorni fatta di attenzioni, gesti e condivisione della propria vita.

PS: La didascalia alla foto su flickr è la seguente:
The Egyptians believe that the wedding ring is worn in the left hand because the vein from the third finger on the left hand is the vein that goes straight to the HEART, the vein of Love.

venerdì 6 agosto 2010

Le quattro


Le quattro. Il gallo inizia a cantare preannunciando l'alba di un altro giorno; tutto è immerso nella calma senza silenzio; a parte il suono metallico del cancello sbattuto dal vicino che si ritira dalla consueta baldoria notturna, vibra nell'aria un fruscio di foglie accompagnato da un rumore indistinguibile di chiacchiericcio di animali mischiato a quello di motori di elicotteri instancabili.
Tra poco questa parte di mondo inizierà la solita e, per molti aspetti, illogica sequela di azioni quotidiane.

Dovrei essere a letto; questa notte sono stato combattuto tra due opposte e contraddittorie tendenze. Anzi è contraddittoria, per non dire semplicemente strana, la stessa situazione che si viene a creare. Ebbene, mi corico, le mie membra stanche iniziano a godere rilassandosi sul materasso rigido ma comodo; si sta bene, non c'è caldo e il sonno dovrebbe impossessarsi da subito di me, portandomi in un'altra dimensione, spesso priva di sogni e azioni, ma comunque capace di rinfrescare il fisico e la mente. Ma non avviene; l'organismo, quasi per una voglia di protesta, non vuole cedere; vorrebbe godere dell'effetto riparatore di Morfeo, ma non molla. Sopraggiunge, così il nervosismo smanioso che mi fa alzare.

In veranda, il vento si alza; sopraggiunge una temperatura fresca, quasi spiacevole, accompagnata dal ronzio delle zanzare (a quelle niente dà fastidio, ma te le ritrovi sempre presenti quando vuoi stare un po' per i fatti tuoi), dopo alcune ore strascorse a navigare e a riflettere, incomincio a meditare che forse il mio inconscio si è arreso e adesso non opporrà alcuna resistenza allo svolgersi di azioni consuete e necessarie.

Occorrono energie e lucidità: un altro giorno sta per iniziare e, se vogliamo che sia costruttivo e interessante, che lasci un piccolo contributo, è meglio riposare.

Però, mannaggia, quanto è piacevole questa malinconica e sonnolenta situazione, in cui, chino sulla tastiera del notebook, ti vedi intento a riflettere e a scrivere.

L'incontro

Ad alcuni potrebbe suscitare vergogna, ma a me fa sorridere come la stampa estera, parlando di personaggi importanti della politica del mio Paese, anzichè soffermarsi sui fatti salienti e importanti per le reciproche nazioni o per il mondo intero (in questo periodo piuttosto critico), scivoli su notizie e situazioni poco encomiabili, imbarazzanti direi. Li prende e li inserisce spudoratamente nel discorso senza che, sembra, non ci azzeccano nulla, ma dimostrano come realmente tengono in considerazione i personaggi oggetto dell'articolo.
Come si dice dalle mie parti, fatti a nomina...

mercoledì 4 agosto 2010

Diu ni scansa

Diu ni scansa di fimmini tinti, 
d'omini spani, 
di surdi finti, 
di mali cristiani;
di figghi rummulusi, 
di scarpi stritti, 
di monachi pulacusi, 
di 'ttaccacravatti;
di gnuranti prisintusi, 
di minzugnari, 
di parrini ziccusi, 
di stritti cumpari;
di pani muffutu, 
di vino 'citusu, 
di viddanu arriccutu, 
di sinnacu piducchiusu.

martedì 3 agosto 2010

La viltà

Dal sito de "Il Messagero"

ROMA (30 luglio) - «Le dichiarazioni rese da Gianfranco Fini sono, nello stesso tempo, una prova di debolezza e un atto di viltà politica. L'unica cosa dignitosa, per Fini, sarebbe stato dare le dimissioni da presidente della Camera: ma Fini ha scelto di restare aggrappato alla sua poltrona. Brutto spettacolo, che gli italiani giudicheranno con giusta severità», ha detto Daniele Capezzone, portavoce del Pdl.

«Al di là delle fumisterie, dei diversivi e dei numeri sparati qua e là, c'è un solo fatto chiaro, che non può essere occultato dai finiani: una pattuglia di parlamentari ha sfidato la pazienza degli elettori, cercando ogni giorno di seminare zizzania in una maggioranza largamente scelta e riconfermata dai cittadini», ha continuato Capezzone. «Gli italiani saranno giudici severi di questi comportamenti, ed è bene che i cosiddetti finiani comincino a capire che non hanno scelto solo di separarsi da Silvio Berlusconi e dal Pdl, ma da sentimenti e dalle ragioni della stragrande maggioranza degli italiani».

Queste affermazioni, benchè formalmente severe e astiose, sfiorano il ridicolo e l'inconsistenza, per non dire l'ipocrisia. Boh, sarà perchè le ha dette lui.


venerdì 30 luglio 2010

Una Laurea

Non penso sia questo il caso. Certo l'importanza e il prestigio del nome e di certe parentele portano facilmente a considerazioni stupide; tuttavia, in questo caso, come prontamente dichiarato da parti autorevoli e obiettive, non hanno nessun fondamento le accuse di titolo indebito o rubato o non meritato, tanto che tutto si traduce in un autogol del professore che l'ha sollevato.

Comunque, anche se non applicabile in questo contesto, sono verità fondamentali questi tre fatti:
  1. le parole della professoressa («ogni parola è pietra, è posizione, è contributo alla chiarezza e all'onestà», va calibrata in base «a ruolo e contesto»);
  2. le carriere accademiche in Italia sembrano in molti casi sospette;
  3. sembra quasi evidente che amicizie e parenti di una certa importanza non so se aiutino, ma costituiscono sicuramente un buon trampolino di lancio ( si pensi alla sola pubblicità o all'immagine)

L'incompatibilità

Benissimo, e adesso espelleteci tutti. In questi giorni di mezza estate, imperversa sulla politica e le istituzioni lo tsunami del ridicolo. Proprio ridicole, prima che illogiche, sembrano le motivazioni contenute nel documento prodotto dalla direzione del partito.

A questo proposito ho trovato importanti le considerazioni di questo onorevole siciliano sul suo blog.

Questa evidente e profonda (spero) incompatibilità è sicuramente una nota di merito.
Spero vivamente, però, due cose: la prima che queste considerazioni e questi subbugli estivi non siano invece frutto di giochi opportunistici e non si risolvano, per la vita democratica e lo sviluppo economico del Paese, in sterili diatribe; mi piacerebbe che questo sia l'inizio di una nuova liberazione italiana, analoga a quella del triennio '43-'45, ma pacifica e parimenti efficace, che porti ad un rinnovamento delle istituzioni, delle persone, della cultura, della morale, della giustizia sociale e giudiziaria, dell'economia.

martedì 13 luglio 2010

Ti amo sorellina.

Riporto questa bellissima poesia scritta da Manuela per le nozze di Desirèe, in memoria del fratello Daniele, prematuramente scomparso all'età di 23 anni.

Ti ho desiderato fin quando non ti ho avuto tra le braccia e, da quel momento, lo scopo della mia vita è diventato quello di starti accanto e proteggerti.
Poi ho dovuto lasciarti per sempre, ma continuiamo ad essere uniti da un filo invisibile che solo io e te conosciamo.
Se io fossi ancora lì con te, la tua vita sarebbe la stessa, saresti sempre la sposa più bella che io abbia mai visto! Le cose che avresti voluto fare con me falle lo stesso perché io le vedrò; tutto ciò che avresti voluto dirmi lo conosco già perché ti ascolto tutte le volte che mi parli all'interno dei tuoi lunghi silenzi.
Tu non sarai mai sola perché io esisto dentro di te, nel profondo del tuo cuore. Ti amo sorellina.

venerdì 9 luglio 2010

La quadratura.


Ho sempre cercato di regolare e spiegare ogni cosa. Per esempio, ogni cosa che dico, da sempre, cerco di proferirla chiaramente, giocando con i toni e le pause, pesando le parole e cercando di essere preciso nel messaggio che voglio comunicare: cerco sempre la correttezza semantica e, a volte, anche quella sintattica, quando lo ritengo necessario.
Questo è un mio modo di mettere ordine nelle cose, in quanto penso che siamo invasi dall’entropia. Sia chiaro: non lo faccio per spirito di solidarietà verso l’universo, nè tantomeno perchè sono un masochista. Lo faccio perchè sono spinto inconsciamente a mostrare ordine quando di ordine nella mia vita, in teoria e in pratica, non ce ne sta neanche un po’. Niente. Manco il plasma.
Sempre preciso, obiettivo, razionale, critico e (non mi risparmio niente) anche noioso, antipatico, scortese. Per una lista completa, dovrei chiedere incessamentente alle persone che mi stanno vicino. In tal modo mi renderei ancora più rompiballe.
Insomma, da sempre alla ricerca della quadratura del cerchio, noto che nella mia vita invece non quadra nulla. Il giorno scorre inesorabilmente e velocemente, ma le azioni e le vicende personali che dovrebbero segnarne il fluire, sembrano inutili, vuote, di poca importanza.
Tante mete, poche quelle raggiunte e molte quelle apparentemente molto distanti. Tanti sogni (ad occhi aperti), ma con la paura, in certi momenti sconfortanti, che rimarranno tali. E intanto il tempo passa, ti rendi conto che più invecchi meno forza e voglia avrai di cambiare e costruire. E giù, sempre più giù; inizia la spirale viziosa che ti sfianca di più e ti affoga nella tua stessa stupidità.
Si, proprio stupidità. Perchè mi rendo conto che non è colpa della natura leopardiana o della società oppressiva fatta di homini, hominis lupi, come direbbe Locke al plurale. Il problema sono io, perchè mi rendo conto che se fossi meno str@@zo, meno composto, un po’ irrazionale, se mettessi un po’ di grinta in più in tutto qullo che faccio, anche in quelle cose quotidiane e ordinarie, senza per forza aspettare la grande occasione, mi accorgerei che le cose di sempre sono esse stesse importanti e possono portare a grandi risultati. In fondo lo sviluppo di un albero secolare parte da un minuscolo seme. Così lo stesso per le frequentazioni, i pensieri, gli studi, gli scritti.
Non è un ragionamento banale, anzi mi rendo conto che è valido. Solo che tra dire e il fare…

Le manganellate.

Riporto dal sito corriere.it, queste parole, come commento per i fatti drammatici di oggi:

Ai terremotati bisogna dare «risposte» e non «manganellate» ha detto il portavoce di Sinistra ecologia e libertà Nichi Vendola, commentando gli scontri di mercoledì mattina. «C’è l’Italia finta dei sogni di Berlusconi e dei suoi ministri, fatta di plastica e di set televisivi. C’è anche un’altra Italia, quella vera e reale – l’abbiamo vista oggi per le vie di Roma con le proteste dei disabili e delle loro famiglie, e con le proteste dei terremotati de L’Aquila – abbindolata dal sogno berlusconiano, presa in giro dal governo un attimo dopo aver spento i riflettori dei teatrini di posa tv. Un’Italia fatta di uomini e donne pacifica ma esasperata, che non ha più fiducia in questa destra allo sfascio». Aggiunge Vendola: «Questa Italia non si merita le manganellate, bensì risposte ed atti concreti da questo governo e il diritto di poter liberamente manifestare».

Avverto una sensazione, già da diversi giorni, come se qualcosa o qualcuno, instancabilmente, abbia deciso di dare delle spallate piccole ma decise a tutto l’ordine costituito, in modo da sovvertirlo.

Nel mio piccolo, spero ardentemente che tutto questo porcile venga raso al suolo, disinfettato e distrutto, e che possa finalmente instaurarsi un periodo aureo, fatto di prosperità, di giustizia sociale e giudiziaria, di informazione, di sviluppo e cultura, di pace e fratellanza.

Mi sa che sia più facile che mi esca il sei al superenalotto senza giocare nessuna schedina.

Il bavaglio


Oggi è il “no-bavaglio day”, ovvero la giornata nazionale, promossa dalla Fsni, in segno di protesta contro la legge sulle intercettazione al vaglio della Camera dei Deputati. Non sto qui a tessere lodi o critiche contro i promotori o i detrattori di queso disegno di legge. Voglio tuttavia cercare di capire, anche se propendo già verso una posizione, e fare un’analisi, sommaria ma obiettiva, sul testo del disegno approvato, con ricorso forzato alla fiducia, in Senato.

A mio avviso, il “difetto” del provvedimento non sta nella regolamentazione delle norme sulle intercettazioni, che comunque potrebbe sempre considerarsi come una serie di norme e restrizioni piuttosto discutibili che, in teoria, non ne esclude nessuna e nemmeno ostacola il magistrato nell’avviarne alcuna, ma in pratica si deve riconoscere l’aumento degli “ostacoli” per l’espletamento delle operazioni, come il colleggio dei tre magistrati preposti alla loro autorizzazione o il limite temporale dei 75 giorni.

Secondo me, il “vero pugno in bocca” che riceve la democrazia deriva dalle restrizioni notevoli e severe che si impongono a coloro i quali, per professione e/o spirito di giustizia, utilizzano le informazioni o le notizie di reato conseguenti agli sviluppi sulle intercettazioni per informare, ma anche sensibilizzare l’opinione pubblica su fatti e misfatti del nostro tempo. Qualora il disegno di legge entrasse nella normativa dello Stato, tutti gli operatori nel campo dell’informazione (editori, direttori, fotografi, giornalisti, blogger …), per ideologia personale, ma anche (e mi avvalgo del beneficio del dubbio) per viltà e collaborazionismo, hanno un “alibi”, oltre che un dovere, nel trasformare i mezzi di informazione in”armi di distrazione di massa” (seguendo la perifrasi che Tiziana Ferrario ha usato per il TG1). Da ciò, oltre al danno materiale e figurativo nel lavoro di tutti gli operatori dell’informazione, deriva anche un handicap per tutti i cittadini, di qualsiasi colore politico, che, espropriati della conoscenza, non possono applicare efficacemente il loro diritto di critica, costruttiva o detrattiva, nei confronti di tutti i soggetti che determinano lo sviluppo e il futuro politico, sociale, economico e culturale della nazione.

Tutte queste considerazioni, assieme agli sviluppi giudiziari di questi giorni e di questi mesi e a tutte le critiche, più o meno scevre da un colore politico, lasciamo un sostanziale “amaro in bocca”, dovuto alla sensazione che diverse persone vogliano, in un certo qual modo, influire se non influenzare le nostre scelte. In altre parole, renderci una massa di pecore.

Una mancanza.

Non capisco nulla. Ho studiato tanto, mi sono rivolto tante domande, a molte ho dato una risposta, ho sempre cercato di capire i fatti, gli eventi, gli atteggiamenti, i pensieri, le impressioni. Confidando nel meccanicismo scientifico, dove regna sovrano il principio di causa/effetto, ho sempre reputato che ogni cosa ha una spiegazione logica e razionale, non necessariamente matematica o semplice, ma matematicamente riconducibile a qualcosa che possa, oltre a spiegare, anche suggerire una possibile evoluzione o una serie diversamente probabile di scenari e situazioni nuove tutte legate e distinte, tutte logicamente inscindibili dall’evento considerato.

Tutto deve avere un senso, discutibile o comune, misterioso o evidente, segreto o notorio , semplice o complesso. E volendo cadere nella spirale estrema di spiegare anche questa stessa affermazione, anche a aquesta comunemente sensata affermazione possiamo dare senso; non occorrono costruzioni logiche così care ai matematici o calcoli indefinibili da ingegneri di laboratori specializzati, ma basta e avanza la comune esperienza, universalmente utilizzata quotidianamente per la comprensione dei fatti elementari della vita comune; essa è un mezzo assoluto, universale e completo e come tale dimostra l’evidenza della validità di tale affermazione: ogni cosa, ogni evento, ogni punto materiale o virtuale nello spazio-tempo di qualsiasi voglia dimensioni, segue un rigore logico. Si vede subito, nella meraviglia della natura e dell’universo, nella complessità dell’operare degli individui, nella perfezione di enti e oggetti che, naturali o artificiali, dimostrano la volontà ultima di seguire qualcosa o assecondare, anche a volte in maniera apparentemente imprecisa, un ordine stabilito. Lo stesso caos, appellativo di una serie di fenomeni complicatamente evoluti, appioppato (come se una definizione fosse una spiegazione!), da un osservatore sommario che volesse giustificarsi in partenza della sua limitata e umana capacità di comprendere, intuitivamente suscita una bellezza e un fascino altrettanto complessi e inspiegabili. Basta pensare alle imamgini colorate di frattali o le vorticose evoluzioni di un fluido in un altro.

Se tutto ha, quindi, una spiegazione che accontenti, anche se in parte, l’intelletto, allora quando ciò non avviene si ha frustrazione. L’infelicità che se ne produce non è quella infantile del bambino viziato che non può avere ciò che vuole o dell’adulto in astinenza che non ha ciò di cui ha bisogno; si tratta invece della consapevolezza inconscia che la mancanza di spiegazione comporta, oltre alla insoddisfazione per un bisogno fisico o intellettivo, anche all’impotenza di controllare e gestire l’evoluzione futura del fenomeno che si sta vivendo o osservando. Seguendo l’insegnamento baconiano, una mancanza di razionalità significa impotenza.