venerdì 9 luglio 2010

Il bavaglio


Oggi è il “no-bavaglio day”, ovvero la giornata nazionale, promossa dalla Fsni, in segno di protesta contro la legge sulle intercettazione al vaglio della Camera dei Deputati. Non sto qui a tessere lodi o critiche contro i promotori o i detrattori di queso disegno di legge. Voglio tuttavia cercare di capire, anche se propendo già verso una posizione, e fare un’analisi, sommaria ma obiettiva, sul testo del disegno approvato, con ricorso forzato alla fiducia, in Senato.

A mio avviso, il “difetto” del provvedimento non sta nella regolamentazione delle norme sulle intercettazioni, che comunque potrebbe sempre considerarsi come una serie di norme e restrizioni piuttosto discutibili che, in teoria, non ne esclude nessuna e nemmeno ostacola il magistrato nell’avviarne alcuna, ma in pratica si deve riconoscere l’aumento degli “ostacoli” per l’espletamento delle operazioni, come il colleggio dei tre magistrati preposti alla loro autorizzazione o il limite temporale dei 75 giorni.

Secondo me, il “vero pugno in bocca” che riceve la democrazia deriva dalle restrizioni notevoli e severe che si impongono a coloro i quali, per professione e/o spirito di giustizia, utilizzano le informazioni o le notizie di reato conseguenti agli sviluppi sulle intercettazioni per informare, ma anche sensibilizzare l’opinione pubblica su fatti e misfatti del nostro tempo. Qualora il disegno di legge entrasse nella normativa dello Stato, tutti gli operatori nel campo dell’informazione (editori, direttori, fotografi, giornalisti, blogger …), per ideologia personale, ma anche (e mi avvalgo del beneficio del dubbio) per viltà e collaborazionismo, hanno un “alibi”, oltre che un dovere, nel trasformare i mezzi di informazione in”armi di distrazione di massa” (seguendo la perifrasi che Tiziana Ferrario ha usato per il TG1). Da ciò, oltre al danno materiale e figurativo nel lavoro di tutti gli operatori dell’informazione, deriva anche un handicap per tutti i cittadini, di qualsiasi colore politico, che, espropriati della conoscenza, non possono applicare efficacemente il loro diritto di critica, costruttiva o detrattiva, nei confronti di tutti i soggetti che determinano lo sviluppo e il futuro politico, sociale, economico e culturale della nazione.

Tutte queste considerazioni, assieme agli sviluppi giudiziari di questi giorni e di questi mesi e a tutte le critiche, più o meno scevre da un colore politico, lasciamo un sostanziale “amaro in bocca”, dovuto alla sensazione che diverse persone vogliano, in un certo qual modo, influire se non influenzare le nostre scelte. In altre parole, renderci una massa di pecore.

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