domenica 17 maggio 2015

L'affermazione.

Eppure, quella volta, un paio di anni fa circa, sudati, nudi, ansimanti, aggrovigliati stretti e in estasi momentanea, ti sei lasciata sfuggire, semplicemente, con grazia, una dolce confessione: "Ti amo". La prima e l'unica. Chissà se era verità assoluta o debolezza momentanea.
Nel primo caso sarebbe qualcosa di eterno, senza inizio nè fine, nell'altro solo una presa in giro.

martedì 3 marzo 2015

Il rapporto

La frustrazione può diventare dolorosa, oltrechè stressante, quando per un tempo molto duraturo imperversa la stessa causa, perennemente e quotidianamente.
E' difficile descrivere lo sconforto che ti lascia il rapporto tra te e alcune persone. Sarà perchè ancora non sei maturo, abbastanza grande, non solo fisicamente, per affrontare, rispondere, superare, sconfiggere, rendersi indipendenti, superare l'oppressione, il senso di inferiorità e di sottomissione, il ritratto che hanno dipinto di te, il pagliaccetto da poppante con cui ti stanno soffocando... Dagli altri. Non solo almeno, ma da qualcuno piuttosto vicino. I genitori.

Devi fare questo, ricordati di quello, telefona, scrivi, paga. Colpa tua. Sei stupido. Asu.

Ma perchè continui? Quei pochi momenti in cui ti allontani, brevi ma rinfrescanti, ti bastano? E la condanna che viene dopo?

Piano piano il logorio ti rovinerà, rovinerà anche la parte migliore di te che di giorno in giorno stai maltrattando e dimenticando. Rovinerai anche quelli che ti stanno vicino e ti sopportano.


La coerenza

Allora, vi spiego il mio concetto di coerenza.

Essere coerenti non significa ripetere a papagallo le parole o gli scritti degli altri sull'amore, l'amicizia, la serietà, la dignità, la virilità. Significa mettere in pratica i concetti che la nostra coscienza reputa degni di nota. Seriamente, senza opportunismi.

Essere coerenti non significa imporre di cambiare il mondo agli altri additandoli di comportamenti "sbagliati", continuando nel nostro piccolo a "sbagliare" quotidianamente. A parte il fatto che i miglioramenti non avvengono istantaneamente dall'oggi al domani, tuttavia i comportamenti avventati o impulsivi non penso portino a cose migliori, ma a problemi peggiori. La spavalderia, verbale o nei fatti, richiede un minimo di riflessione, altrimenti si chiama cafonaggine.

Essere coerenti non significa giudicare o schernire il comportamento degli altri. Nessuno può essere mai un buon giudice se prima non ha fatto un valutazione di tutti i pro e i contro, anche di ciò che sembra a prima vista sbagliato o inutile. Poi, a volte, è meglio tacere.

Essere coerenti vuol dire essere saggi e intelligenti. Vuol dire pazientare e valutare; vuol dire non farsi prendere dagli impulsi o dalle facili speranze. Vuol dire voltarsi e tornare indietro. Vuol dire mettere da parte la propria superbia e ammettere gli sbagli. Vuol dire apprezzare la ricchezza che abbiamo, quello che ci basta veramente, la giusta misura nelle cose. Vuol dire non essere nè troppo moderni nè troppo antichi.

Il dolore

Dimenticherò questa giornata, considerandola nel suo complesso. Ma non dimenticherò i singoli eventi di oggi, alcune sensazioni delle quali mi lasceranno il segno indelebile nel mio inconscio.

Ma negli ultimi anni, anni di tortura psicologica, gli eventi spiacevoli, anche quelli fortemente scombussolanti, non sono mancati. Anzi, il crescere di queste sensazioni è diventato sempre più insopportabile. Un turbinio di sensazioni, che, molto spesso, accumulandosi, si è risolto in pianti liberatori. Piacevoli, queste scrosciate silenziose e singhiozzanti; altre volte erano cercate, ma non arrivavano, lasciando un senso di costipazione.

Oggi, tuttavia, per la prima volta, sotto la doccia, lo sfogo è stato doloroso. Confuso, singhiozzante, contorcente, interminabile. Alla base del cranio qualcosa non ha gradito le troppe angherie di destra e sinistra, di vicino e lontano, di sotto e di sopra.

Solo loro, piccole stelle nell'oscurità, sono bellissime. Il resto è brutto, stupido, massiccio, inutile. E per la gioia di averle piango.

giovedì 23 ottobre 2014

Il Nobel


"Abbiamo capito l'importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi"

Malala - Nobel per la pace 2014.

giovedì 9 ottobre 2014

La codardia



codardìa s. f. [der. di coda, per calco del fr. ant. couard, der. di cou, forma ant. per queue «coda»; propr. «(animale) che tiene la coda bassa»]. – Comportamento da codardo, viltà, pusillanimità, ovvero di persona che viene meno ai proprî doveri o comunque evita di affrontare rischi o pericoli. In senso concr., azione codarda: Volse saper chi fosse quel codardo Che così avea al suo onor poco riguardo (Ariosto); i vili e codardi cittadini non ardirono di levarsi contra a’ tiranni (M. Villani)
Nel diritto penale militare, la codardia è un reato nel quale sono comprese tutte le violazioni ai proprî doveri determinate dal timore di un danno personale; può costituire circostanza aggravante.
Sinonimi: (agg.) imbelle, pauroso, pavido, pusillanime, vigliacco, vile; (s. m.) cacasotto, calabrache, (fam.) fifone.

martedì 2 settembre 2014

La solitudine/2




La solitudine più devastante non si avverte quando siamo da soli. 
Ma quando ci troviamo con altre persone. 
Persone che ci guardano, ma senza vederci. 
Che ci sentono, ma senza ascoltarci. 
O peggio, che ci giudicano, ma senza conoscerci.

venerdì 29 agosto 2014

Le formiche

Il giorno dopo tornavo sempre a controllare i formicai che avevo devastato. Con mia sorpresa - ma cosa non ti sorprende quando sei un bambino - notavo che le formiche non solo erano ancora lì, ma avevano ricostruito tutto, il buco, la montagnola di terra, le file disciplinate, i carichi. E se proprio avevo devastato la loro tana, l’avevano ricostruita, gemella, a pochi passi.
C’è sempre un nuovo inizio, sembravano dire. Se segui le regole, il lavoro, anche nel tuo piccolo, nel tuo essere formica, puoi sempre ricominciare, qualcosa di nuovo lo costruisci. Non c’è disgrazia che tenga. L’importante è svegliarsi dal torpore, non sbandare come ubriachi, fare il proprio dovere fino in fondo.

Puoi sempre ricominciare, dicono le formiche.

Il fallimento


Mi sento come in un brutto romanzo di Kafka. Mi rimproverano tutto. Ebbene lo ammetto: non sono perfetto. Tuttavia, non ha senso prendersela con me per sbagli che ho fatto in passato e, da cattiva moralista, fare sbagli peggiori su di me. Una specie di pena del contrapasso a distanza di tempo.
Però, ogni giorno, in maniera imprecisa (questo è da ammettere), ma comunque convinta, cerco di costruire, passettino dopo passettino, quello che tu vuoi, allontanandomi dal mondo in cui violentemente ti ho portato. In questo mondo io ti ci ho convinta a stare, ma non ti ho obbligato a rimanerci e, comunque, cerco sempre di capire il modo di farti sentire padrona (almeno della parte che ci compete), di assecondarti in tutte le tue scelte, anche in quelle che so non sono proprio tue, di annuire alle tue spropositate e contorte decisioni, di farti sempre contenta. Mai ti ho obbligato a seguirmi, mai ti ho costretto a fare qualcosa, prendere una via, bere un amaro calice. Mai ti ho trasmesso le mie paure, le mie ansie, mai i miei timori, le frustrazioni, le prepotenze che soffrivo.
Mai ti ho detto quanto certe scelte fossero torturanti, quanti problemi penso mi abbiano prodotto, quante volte ho sentito la mia dignita di uomo e di marito e di padre essere schiacciata, mai ti ho detto che mi sono sempre sentito in fondo a alla scala delle persone della tua via, dietro i tuoi oracoli, i preferiti, quelli che sono intoccabili e quelli che è sempre giusto quello che dicono. Questi ci sono stati sempre, sin dall'inizio del nostro rapporto.
Eppure a torto e senza mai dimostrami prove, mi hai rimproverato queste cose.
Mai fai un confronto con il legame spropositato che hai con la tua famiglia. Si, perchè per te è un rifugio.
Mai ti sei posta il problema di quando e quanto mi facessi sentire importante? Mai di quanto mi capissi? Mai di dirmi o dimostrami quanto mi amassi? Tutta ironia la mia; tuttavia questo hai  sempre voluto che ti dimostrassi io! Io almeno ci tento, goffamente e mediocremente! Apprezza lo sforzo e il fatto che sono convinto che forse ho sbagliato. Ma tu?

Qeullo che capisco, perchè lo vivo quotidianamente, è che è difficile, doloroso, frustrante, cercare di volerti bene, cercare di farti contenta e di capirti e allo stesso tempo essere roso dal fatto che da parte tua è tutta necessità, non naturalezza.