venerdì 6 agosto 2010

Le quattro


Le quattro. Il gallo inizia a cantare preannunciando l'alba di un altro giorno; tutto è immerso nella calma senza silenzio; a parte il suono metallico del cancello sbattuto dal vicino che si ritira dalla consueta baldoria notturna, vibra nell'aria un fruscio di foglie accompagnato da un rumore indistinguibile di chiacchiericcio di animali mischiato a quello di motori di elicotteri instancabili.
Tra poco questa parte di mondo inizierà la solita e, per molti aspetti, illogica sequela di azioni quotidiane.

Dovrei essere a letto; questa notte sono stato combattuto tra due opposte e contraddittorie tendenze. Anzi è contraddittoria, per non dire semplicemente strana, la stessa situazione che si viene a creare. Ebbene, mi corico, le mie membra stanche iniziano a godere rilassandosi sul materasso rigido ma comodo; si sta bene, non c'è caldo e il sonno dovrebbe impossessarsi da subito di me, portandomi in un'altra dimensione, spesso priva di sogni e azioni, ma comunque capace di rinfrescare il fisico e la mente. Ma non avviene; l'organismo, quasi per una voglia di protesta, non vuole cedere; vorrebbe godere dell'effetto riparatore di Morfeo, ma non molla. Sopraggiunge, così il nervosismo smanioso che mi fa alzare.

In veranda, il vento si alza; sopraggiunge una temperatura fresca, quasi spiacevole, accompagnata dal ronzio delle zanzare (a quelle niente dà fastidio, ma te le ritrovi sempre presenti quando vuoi stare un po' per i fatti tuoi), dopo alcune ore strascorse a navigare e a riflettere, incomincio a meditare che forse il mio inconscio si è arreso e adesso non opporrà alcuna resistenza allo svolgersi di azioni consuete e necessarie.

Occorrono energie e lucidità: un altro giorno sta per iniziare e, se vogliamo che sia costruttivo e interessante, che lasci un piccolo contributo, è meglio riposare.

Però, mannaggia, quanto è piacevole questa malinconica e sonnolenta situazione, in cui, chino sulla tastiera del notebook, ti vedi intento a riflettere e a scrivere.

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