giovedì 1 novembre 2012

La lettera

Questo pomeriggio ho pianto, di brutto. Ben dieci minuti con sussulti e singhiozzi strozzati per non farmi sentire.

Ho visto una lettera, ovvero un insieme ordinato di concetti banali e quotidiani che due persone si sono scambiate molti anni fa. Due coniugi analfabeti, uno dei quali emigrante in Germania, hanno deciso di intavolare una corrispondenza scritta fatta di rudimentali pittogrammi per dimostrarsi i propri affetti e scambiarsi le reciproche informazioni piuttosto che rivolgersi ad uno sconosciuto schivano.

No, non ho pianto per le eventuali grossolanità o le incertezze grammaticali che vi erano trascritte o per il contenuto ironico o sarcastico contenuto.

Ho pianto per la sintonia tra i due coniugi, per la complicità raggiunta, per la loro rudimentale ed efficace manifestazione di affetto, per la gelosia con cui custodiscono semplici e importanti informazioni familiari e personali.

Ho pianto per l’intensità artistica della decodifica che ne fa lo scrittore (e poeta, a questo punto) Gesualdo Bufalino tra le pagine del libro La luce e il lutto, edito da Sellerio nel 1996 e che di seguito, umilmente, trascrivo:

Amore mio caro, il mio cuore è trafitto dal tuo pensiero lontano, e ti tendo le braccia insieme ai tre figli. Tutti in buona salute, io e i due grandicelli, indisposto, ma non gravemente, il piccino. La precedente lettera che t’ho spedito non ha ricevuto risposta e ne soffro. Tua madre, colpita da un male, si trova in ospedale, dove mi reco a trovarla. Non temere che ci vada a mani vuote; né sola, dando esca a malelingue: m’accompagna il figlio mezzano, mentre il maggiore rimane a guardare il minore. Il nostro poderetto, ho provveduto che fosse arato e seminato. Ai due “giornalieri” ho dato 150.000 lire. Si son fatte le elezioni per il Comune. Ho votato Democrazia Cristiana, come il parroco m’ha suggerito. Per la Falce e Martello la sconfitta è stata grande: come fossero morti, in un cataletto.
Ma che vincano gli uni o gli altri, è tutt’una. Nulla cambia per noi poveretti: abbiamo zappato ieri, zapperemo ancora domani. Molte ulive quest’anno, dai nostri ulivi. L’uomo e i due ragazzi che ho assunto, l’uno per bacchiarle, gli altri per raccoglierle a terra, mi sono costati 27.000 lire. Altre 12.000 lire le ho spese per il frantoio. Ne ho ricavato tant’olio da riempire una giara grande e una piccola. Posso ricavarne il prezzo corrente che è di 1.300 lire al litro.
Amore lontano, il mio cuore ti pensa. Ora, soprattutto, che viene Natale e vorrei essere insieme a te, cuore a cuore. Un abbraccio, dunque, da me e dai tre figliolini. Arrivederci, amore caro, il mio cuore è tuo e ti sono fedele, unita a te come i nostri due anelli

Ho pianto per l’amore manifesto, per il legame, per la poesia, per la mancanza.

Ho sofferto.

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