giovedì 11 ottobre 2012

Il lottatore.

Arriva in auto il giovane lottatore; non come quella dell’uomo tigre, piccolina, grigia utilitaria comprata a rate. Ti ferma timidamente, chiedendoti la strada per raggiungere lo stesso posto dove stai andando tu. Solo che tu ci vai apposta per accompagnare tuo padre; lui, invece, per fatti personali.

Gentile, sorridente, ti ringrazia volentieri, chiudendo gli occhi prima di salutarti per dirigersi verso la sua metà. Arrivi prima tu, posteggi e scendi accompagnando il tuo vecchio verso quel postaccio.

Infine, lentamente, arriva lui. Il lottatore. Entra con movimenti disordinati, reggendosi malamente sulle stampelle; ma non cade mai, non cadrà mai. Prosegue testardamente verso una sedia e si siede, ma non per riposare, lui non è stanco. Solo che nella sua situazione, sa che deve aspettare.

La stanza è gremita di gente, con altri problemi e situazioni particolari; tutti ammassati come i condannati alla camera a gas in un lager; caldo di luglio, niente ambiente climatizzato; cento persone, tutte prenotate, anziani e giovani. Tutti lottatori.

Nella situazione particolare in cui versano tutti, è necessario per legge, riservare a tutti i lottatori un trattamento speciale e peculiare; non come tutte le persone normali, che si possono recare in qualsiasi ufficio decentrato per rinnovare la propria patente, espletando una semplice formalità, dopo un sommario controllo della vista e il pagamento obbligatorio di tasse e balzelli. No, ai lottatori è riservato un trattamento speciale: visite solo alla sede centrale, imposte e diritti più alti, certificati e referti, rigorosamente a pagamento e da esibire, prenotazione. Mica pizza e fichi.

Con la faccia tosta, l'ASP trapani si vanta della sua burocrazia deficiente, che obbliga tanti lottatori a prenotarsi, nel loro interesse, per armonizzare il flusso delle visite. Tutti stipati nel salone; molti seduti, ma tanti in piedi, accalcati. A gruppi di dieci ci chiamano per entrare in un corridoio, anticamera della sala visite. E’ lì che il massimo dell’armonia e della prepotenza si manifesta; una sordida porticina ogni tanto si apre, esalando verso quell’ambiente infame, un lezzo viscerale da caserma preunitaria. Qualcuno ironizza, dicendo che si tratta di un test delle capacità polmonari e olfattive dei presenti; altri esclamano che serva a misurare l’autocontrollo nervoso: una sorta di pre-visita, un modo per velocizzare l’armonia.

E finalmente, si entra. Sette persone, difficilmente qualificabili, seduti dietro una serie rettilinea di banchetti di scuola che ti ascolta e osserva; tra tutti un colonnello, niente di meno. Non ti chiedono niente, perché nella loro onniveggenza sanno tutto e certificano tutto. Hai sbagliato tu ad esibire cartacce, perché non se ne sarebbero accorti che avresti dovuto presentarli e ti sarebbe toccato una validità più lunga.

La visita termina lì, dopo il blando accertamento della vista e la lettura delle carte inchiostrate. L’iter continua, spostandosi in un altra non affollata stanzetta, popolata e pensata per l’apposizione delle firme e la stretta di mano di rito.

Quando usciamo da quel postaccio, notiamo che anche il lottatore ha finito la propria visita; procede disordinatamente, ma con procedere violento e deciso, con lo sguardo basso, lottando fieramente contro la natura matrigna e la società blasfema. A differenza di tutti gli uomini normali, egli, alla fine, sarà un vincitore nella gara della vita.

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